AMARE, AMARE

AMARE, AMARE – di Gisberto Giorgi – in ricordo di Alfredo Maccarrone, anche lui poeta

 UCCELLINI

Un uomo anziano stava seduto coi suoi pensieri

rivolto all’infinito, e guardando al cielo chiedeva a Dio:

della mia vita adesso, cosa faccio, ho fatto il bene,

ho tanto amato, come mi hai chiesto

e di ciò me ne compiaccio,

ma c’è una cosa che tanto mi rattrista

 

per cui ti chiedo perdono con animo pentito

di averti dato ascolto troppo tardi preso dai miei interessi

e dall’egoismo al laccio e dall’indifferenza

per cui con gli orecchi, con il cuor

non ho sentito chi mi chiamava,

chi mi chiedeva aiuto, uno zingaro,

 

un uomo di colore, un poveraccio

che mi chiedeva solo una moneta

oppur di vendermi un oggettino del suo cesto assortito,

dicendo loro: In tasca non ho niente

e andando via per togliermi dal laccio

quando non solo a lor, ma a te Signore

con la bocca e col cuor ti ho mentito.

 

Fin quando un giorno senz’altro un angelo, che mi hai mandato tu,

mi ha convertito, mi ha detto ho fame con occhi di speranza,

un bimbo dolce povero e triste che chiamandomi babbo

mi si è attaccato al braccio, dammi qualcosa.

Era sincero quanto malnutrito ma tanto era il calore del suo cuore

che ha sciolto il mio da tempo ormai di ghiaccio.

 

Gli ho dato tutto con un bel sorriso,

e visto il suo tutto per me ancor più colorito

alimentare la forza del suo amore,

per liberarmi per sempre da quel laccio

nel regalarmi il farmaco migliore

che dal peggior del mal mi avea guarito.

 

E dal quel giorno Signore ho tanto amato

da quando vedevo sorger l’aurora

quando il sole mi riportava lungo le strade,

di nuovo tra la gente là dove il mondo

di chi soffre e di chi ha fame di creature di ogni razza si colora,

non più scansandole ma andandogli incontro.

 

Con gli occhi con il cuore e con la mente, per regalargli un filo di speranza,

una moneta che io tengo per loro qualche ora, tutto quanto il mio amore

ed una tenerezza che ricambiavano così abbondantemente,

facedomi vedere coi loro occhi quanto la vita fosse bella ancora.

Era un regalo che mi facevano con tanto amore,

pur se soffrivano silenziosamente.

 

Rispose Dio: figliolo mio non ti stancar d’amare

perché il mondo di te ha ancor bisogno,

e se senti il peso degli anni che arrivano

non soppesarli ma lasciali passare,

perché la vita soltanto amando,

mai non finisce ma resta sempre un sogno.

 

In quel momento il sogno di un uomo e di una donna

sentiva vita in un piccolo cuore,

battendo forte nel seno rigonfio di una giovane mamma,

perché da tutti fosse meglio udito, così smanioso di scoprir la vita,

come smanioso di uscir fuori per regalare amore.

Uscendo disse, buongiorno mamma, buongiorno amore.

 

Piangendo di gioia col primo suo vagito.

Disse buongiorno sol, buongiorno mondo,

godendo di essi il primo suo calore.

Disse grazie Signore, appena vide nei loro occhi la luce del suo amore,

per lui infinito quell’amor grande con cui crebbe da pargolo

per chiamare mamma e diventar bambino.

 

Quel camminare scoprendo il nostro mondo e le sue cose,

le più semplici e care, quelle più belle come la luna e il sole,

e l’erba verde giocando coi bambini nel giardino.

Tante creature oltre che loro, così felice di dare amore e di farsi tanto amare:

un passerotto, una lucertola, una farfalla, un cane, un gatto, una rana, un topolino,

quelle più tenere che Dio gli presentava,

sapendo che meglio di tutti le sapeva amare.

 

Quell’amoretto, così simpatico, quel primo affetto,

quale emozione nel cuore di bambino,

dandogli amore cosi spontaneamente con la sua mano,

invitandolo a giocare, donando al mondo che li stava a guardare,

il loro esempio più chiaro e genuino.

Ci vuole poco per essere felici, basta sapere solamente amare.

 

Sì, come un vecchio, siccome il nonno con la sua tenerezza

quando circonda di baci e coccola l’amato nipotino.

Siccome un adulto, siccome un padre con la sua forza e la sua saggezza,

per far crescere retto e onesto, l’amato figlio, iniziando da bambino.

Siccome un giovane, siccome un figlio con quell’ardore della sua giovinezza,

dandogli ascolto, senza chieder perché,

perché è il suo amore che guida il suo cammino.

 

Sì, come i passeri ancora implumi che lasciando il nido cadono dal ramo,

guardando Il cielo, guardando il mondo cercando di volare.

Dal cuor di mamma sentendo le sue pene

dal suo beccuccio sentendo il suo richiamo,

e quando li trova, sentendo la sua gioia e il suo calore,

ed il piacere di sentirsi amare, amare, amare, amare sempre;

 

dal sol che sorge all’alba chiara che sorge, di ogni dolce mattino,

alla luna che torna di nuovo in cielo

quando la notte tra le mille stelle appare,

e non cessando per chi, nel coricarsi,

dà il suo cuore alla Madonna e a Gesù bambino,

e a quell’angelo che si distende accanto per dirgli buonanotte con amore,

dandogli un bacio e una tenera carezza, sentendo il cuore al suo così vicino.

 

Battere forte, battere insieme, battere per il piacere di tanto amor di chi sa regalare.

E amando ancor, amando con lo sguardo

l’uno per l’altro così radioso rivolto, sul cuscino,

e amando ancora, amando pur dormendo,

amando in sonno, che ti accarezza finché non è mattino.

E amando, amando ancora sognando amore, amor da cogliere, amor da regalare.

 

Lungo le strade in mezzo alla gente,

dove ti porta nel sogno il tuo cammino.

Fino a raggiungere terre lontane quasi sconosciute

dove sognando è più facile arrivare da gente umile,

malati e poveri che non ha pane e beve l’acqua del fiume più vicino,

portando gioia, portando amore,

l’acqua pulita ed un buon cibo da poter mangiare.

 

Ciò che non hanno spesso e a noi ci avanza

ed un balocco per veder sorridere un bambino.

E amando pure con gli occhi e con le mani

lì dove ancora tanto c’è da dare

finché una voce non ti dirà alzati e blocchi la sveglia, ed è di già mattino.

Fuori nuovo il sole è ritornato ad indicarti col suo calor a ricominciare.

 

In quell’istante l’eco della voce ti giunge fino al cuore di un suon divino,

quella di Dio che dolce ti sussurra, quella di Dio che tanto ti ripete:

amare, amare, amare, che ti accarezza, ti spinge e ti accompagna,

per indicarti che quello è il tuo cammino.

E allora corri, più non cammini,

perché hai capito dove è che devi andare.

 

Ovunque c’è bisogno di speranza,

di una carezza a chi guarda la vita a capo chino.

Pertanto, forte senza indugiare, partendo forte, lieto e sicuro,

che accanto a Lui non potrai mai inciampare.

Correndo verso un mondo che ti aspetta,

come la mamma a becco aperto aspetta un uccellino.

 

fine

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