IL PROSCIUTTO NELLA CASSA

IL PROSCIUTTO NELLA CASSA

FOTO PRATO PT

  - Il Faggino con il suo solito grembiule blu stinto entrò nello stanzone sogghignando. L’anziano e canuto magazziniere appena un po’ incurvato ma ancora energico, aveva il cuore di un bambino. Portava un prosciutto con sé tenendolo in braccio ma non disse niente; sottecchi stava guardando la reazione, aspettava che i tessitori artigiani che a quell’ora popolavano lo stanzone lo notassero e gli chiedessero qualcosa.

Infatti il Sermi, quello più giovane dei fratelli, glielo chiese: – ... oh Faggino... o codesto prosciutto, icchè tu fai con codesto prosciutto in mano?... –

Il tessitore del Bottegone, un furbone che come al solito faceva mostra dei suoi denti bianchi in un gran sorriso incorniciato da baffetti scuri non ne era proprio sicuro, ma si aspettava la birbonata, l’abituale scherzo del Faggino. Stette al gioco, così alzò un po’ la voce voltandosi verso il gregge dei terzisti che facendo la fila davanti alla porta vetrata del dispositore aspettavano “la tela”: – Oh ragazzi... oh icchè fa i’ Faggi... oh che ha perso i’ capo?... oggi invece che prepararci i’ ripieno ci fa la merenda co’ i’ prosciutto! – ... ridete, ridete quanto vi pare – rispose lo stesso Faggi, rivolgendosi alla piccola folla di artigiani che intanto si erano girati verso di lui, alcuni riducchiando, chi invece incuriosito aspettandosi davvero una spiegazione.

– ... io... questo prosciutto... – scandì le parole mentre brandiva il prosciutto come un trofeo, – un vu ci crederete... ma l’ho trovato in una cassa sotto a i’ saldo del ripieno... però un so chi è il tessitore che l’ha messo... e lo volevo ringraziare... –

Scoppiò la risata. Il Faggi, quasi serio continuò a reggere la parte – ... come... un vu ci credete? Ferrero, un ci credono... diglielo te. C’era lui quando l’ho trovato. – insistè indicando l’altro magazziniere, il quale non essendo capace di sostenere la scena, per non mettersi a ridere anche lui scappò via.

Allora alcuni tessitori lo ripagarono con battute e colpetti sulle spalle: – ... oh fate piano... son vecchio... tra poco vo in pensione ... –

“La tela” era il subbio carico dell’ordito, il “saldo del ripieno” era l’avanzo della trama che era stata consegnata insieme allo stesso ordito per la commessa di tessitura in conto terzi, e tale era il clima più che rilassato che, non di rado, si respirava ancora a Prato nelle fabbriche nel 1993. Nel corso del decennio precedente l'industria tessile pratese aveva subito un deciso rallentamento, ma all’inizio degli anni '90 la produzione si era adeguata alle nuove esigenze merceologiche e verso maggiori livelli qualitativi, e si nutriva in giro un certo moderato ottimismo.

 - Intanto, mentre il tessitore, quello che aveva il merito di abitare accanto alla macelleria “Roma” si era fatto avanti per ri-avere i soldi dal Faggi, scese dalle scale il ragionier Cipriani il quale avendo fatto in tempo a sentire quel brusio ancor carico di ilarità, chiese spiegazioni.

Lui era un tipo gioviale e un bell’uomo e dicevano che se la intendesse con l’Ada, la commerciale belloccia che curava l’esportazione con la Germania. Anche lui si avvicinò al Faggi che in quel momento stava tirando fuori il portafoglio: – Faggino, tu se’ sempre il solito casinista... – esordì sorridente – digli piuttosto alla tu’ figliola di darsi una regolata... anche lei l’è come te... se la un fa casino la unn’è contenta. –

Si riferiva al fatto che Marzia, la figliola del Faggino e addetta in campionario, avesse sbagliato ad attaccare le etichette alle “bandiere”, sbaglio rilevato per caso proprio dalla nuova commerciale e che avrebbe potuto creare dei problemi.

Ma glielo disse con leggerezza appoggiandosi appena sulla sua spalla incurvata. Li accomunava la stessa sfegatata passione per il Prato, passione che entrambi condividevano con il vecchio titolare; e poi Marzia era simpatica a tutti, solare, sempre pronta a salutare a far battute, e sapeva spendere una parola buona con chi sapeva esser preso da qualche suo problema, sia che fosse inesprimibile o ben noto a tutti.

Il Faggi Faggino, ancora grato ai genitori che, a suo tempo, con quello sforzo di fantasia gli avevano messo un nome facile da ricordare, lo guardò con un mezzo sorriso amaro, inconsueto per lui. Aveva pensiero per quella figliola che a quaranta e più anni era ancora nubile, non contenta di esserlo.

 - Proprio il Cipriani, anche lui “ragazzo invecchiato” l’anno avanti, alla Marzia ci aveva un po’ pensato. Lei non era una gran bellezza anzi, a dirla tutta era bruttina; bocca troppo larga posizionata tra due orecchi a sventola come quelli del babbo, gli occhi piccoli, capelli crespi e biondicci né corti né lunghi, niente seno. – ... però l’ha un bel culo... – era il commento più ricorrente quando qualcuno cercava di trovarne almeno uno, dal punto di vista fisico, di lati positivi. Ma tutti, eccetto l’Ada, le volevano bene per quel suo carattere positivo.

Marzia ad un certo punto si era accorta dell’interessamento del ragioniere; qualche lampo nello sguardo di lui l’aveva fatta un po’ sobbalzare accellerandone il battito cardiaco; ma poi la dirigenza aveva assunto la nuova commerciale e tutto era finito lì.

I lampi adesso, Alessio Cipriani li indirizzava verso quell’Ada, una pugliese appena in carne di trentadue anni ma belloccia che era venuta su a Prato da poco. Laureata in lingue straniere all’università del Salento, non trovando di meglio, aveva raggiunto il fratello, a Prato da parecchio tempo e impiegato alle Poste.

A lei non piaceva la Marzia, erano troppo diverse; il ritrovamento di quell’etichette sbagliate l’aveva fatta godere. Ada era bella, mora, capelli lunghi ben curati, labbra carnose rese ancor più appariscenti dal suo rossetto preferito, il Christian Dior Rouge, però seriosa e sulle sue; l’altra pur benvoluta da tutti aveva quello scoraggiante aspetto insipido.

Non capiva come avesse fatto Alessio, sia pure in modo fuggevole, a farci un pensierino. Quella volta, alla fine di una serata intima ma un po’ spenta, il ragioniere di solito brillante era apparso invece melanconico, glielo aveva confidato, ma poi se ne era presto pentito.

– ... voce dal sen fuggita poi richiamar non vale... – si disse tra sé qualche giorno dopo quando si accorse dell’effetto ottenuto. L’impiegata era diventata gelosa della figliola del Faggino e aveva cominciato a scrutarne tutti i suoi atteggiamenti, a pesare le sue battute dolendosi finanche della sua simpatia.

 - Il titolare del lanificio, Nello Gualtieri, passava per un vecchio tirchio che non si decideva a lasciare libero il passo al figliolo, il quale mordeva il freno, ritenendo di avere – ... palle e polveri quanto e più di quel vecchio taccagno... – come si era espresso inopinatamente una volta con lo stesso ragioniere.

Certo, alle fiere, troppo faticose per lui mandava il figliolo e il dottor Quartaroli, ma molte decisioni, da quelle importanti a quelle più insignificanti le prendeva sempre lui.

Nei bagni degli uffici come in quelli attigui alle lavorazioni voleva per esempio che fossero utilizzate, insieme alle pagine dei quotidiani anche le pagine delle vecchie riviste, scivolose e rigide suscitando malcelate ironie e aperti malumori. A un certo punto se ne rese conto e fece togliere almeno quelle dei rotocalchi. Molti tuttavia si portavano da casa la carta igienica.

Il vecchio Nello, che sembrava il ritratto della fame per la sua magrezza e appoggiandosi alla sua mazza di olivo, girava lento per i reparti, guardando e valutando tutto. Non amava intervenire direttamente, ma poi ogni tanto chiamava in ufficio ora questo ora quello. Poche ed aspre parole se di rimprovero, scarne approvazioni che centellinava come rosolio quando era il caso di approvare.

Seppe anche che il Faggino, quasi l’unica persona in fabbrica con il quale si fermava a volte a chiacchierare, con lui soprattutto del Prato, aveva fatto il buffone come gli veniva di fare ogni tanto, ma il vecchio non dava peso a quelle cose, anzi: –... panem et circenses... – pensava Nello rivangando qualche reminiscenza scolastica – ... la plebe bisogna tenerla bona... – In quanto al pane, i subbi erano ricolmi di “tele” e il lavoro non mancava al lanificio Gualtieri.

Tutto sommato il vecchio titolare, se non fosse stato per quella sua incomprensibile debolezza riguardo al risparmio della carta igenica era un buon diavolo. Era cosa che non sapeva nessuno tranne il Cipriani che era tenuto alla riservatezza, il fatto che Nello aiutasse alcune famiglie povere e alcune case-famiglia e non solo per Natale come aveva fatto nel mese passato. Lui era nato orfano e quindi povero, anche se poi con grande fatica si era realizzato, e se ne ricordava.

Ma la cosa che meravigliava tutti, non poco, vedendolo sempre compassato e riservato, era appunto la sua passione per il Prato Calcio. Quello era uno dei pochi argomenti per il quale si lasciava andare.

Da giovane aveva giocato un po’ a calcio nelle giovanili del Prato, dicevano che fosse stato un buon centravanti, cosa difficile da immaginare per chi lo vedeva ora.

Poi dovendo studiare e insieme lavorare sodo come operaio lasciò la vita agonistica, ma gli era rimasta intatta quella gran passione. Alla domenica, nel periodo più glorioso, quando il club bianco-azzurro giocava in serie B, lui era fisso sugli spalti a fare il tifo.

Adesso il Prato navigava in acque più modeste, ma proprio in quell’anno, nel ’93, la squadra stava disputando un campionato di C2 nelle prime posizioni. Il figliolo, con una certa dose di cattiveria, lo prendeva in giro per quella che definiva una stranezza che non gli si addiceva.

Invece il motivo per cui Nello non desse alcuna o poca fiducia proprio a lui, ad Aurelio, era ignoto a tutti, meno che agli interessati. E a quanto pare, come si sussurrava, il vecchio non doveva avere tutti i torti a tenere quel comportamento; sembra che quell’Aurelio di guai ne avesse fatti alcuni di quelli grossi. Così nella gestione corrente del lanificio si appoggiava a tre colonne; il ragionier Cipriani per l’amministrazione, il tecnico Bogani che pensava sia alla collezione che alla parte produttiva e infine al dottor Quartaroli, un bolognese trapiantato a Prato che dirigeva la parte commerciale. Tuttavia voleva esser messo a corrente di tutto e l’ultima parola era sempre la sua.

 - Nell’anno precedente ai fatti sopra descritti, dopo decenni di lotta, Prato era diventata provincia e finalmente poteva esibire l’agognata targa PO. Le sirene delle fabbriche, i clacson delle auto e le urla di giubilo dei pratesi, il 16 aprile del ‘92 avevano salutato l’avvenimento. Ma lo stesso anno era stato anche l’anno di avvenimenti molto più importanti dell’istituzione della provincia pratese.

A due mesi di distanza, in Sicilia, in una drammatica successione di fatti che colpirono molto l’opinione pubblica, i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino­­­­ furono uccisi dalla mafia.

Non meno clamoroso per le sue conseguenze fu l’arresto a Milano del socialista Mario Chiesa per opera di un altro magistrato, Antonio Di Pietro. Tale arresto determinò l’inizio dell’inchiesta “Mani Pulite” o “Tangentopoli” che tanta importanza avrebbe costituito nel futuro della vita politica italiana.

Invece l’anno in corso, il 1993, quello durante il quale si stava svolgendo la modesta vicenda di Marzia e del Cipriani sarà ricordato oltre che per un altro Pietro molto meno eroico, il Pacciani “Mostro di Firenze”, soprattutto per lo storico scioglimento del partito della Democrazia Cristiana che, insieme ad altri mescolamenti e rifacimenti, dette l’avvio alla cosidetta “seconda repubblica”.

Il primo novembre invece, il giorno di tutti i Santi, entrò in vigore il Trattato di Mastricht, pietra miliare della nascente Europa Unita.

 - Arrivò la fine di febbraio e con essa le esposizioni, prima quella di “Prato Expò” e poi quella di “Premiere Vision” a Parigi. A Parigi lo staff, qualificato ma abbastanza ridotto del lanificio Gualtieri si era sistemato in un albergo in zona Saint Michel Notre Dame, non lontano dalla stazione della RER. Da lì, ogni mattina potevano comodamente prendere il treno che portava diretto in meno di quaranta minuti al Parc des Exposition a Villepinte, senza rinunciare alla sera al fascino notturno della Ville Lumiere.

Una sera, la seconda, tornavano stanchissimi all’albergo dopo essere stati, tutti e cinque insieme, a cena a Saint Germain des Prés. Aurelio però era anche eccitato, forse per il consumo eccessivo di Vin Jaune del Giura, uno dei vini più buoni del mondo e aveva proposto, inascoltato da tutti, di fare un salto in discoteca. In taxi, durante il viaggio di ritorno si era messo accanto all’Ada e, fingendo di essere spinto dal terzo passeggero le stava molto addosso. Nell’altro taxi avevano preso posto gli altri due commerciali, quello per la Francia e quello che si occupava prevalentemente degli States.

– ... via Aurelio, non faccia lo stupido... stia fermo con quelle mani... dottore gli dica qualcosa... –

Il dottor Quartaroli stava allo scherzo e si guardò bene, visto anche che la donna dimostrava di prendere la cosa con una certa ilarità di dire alcunché. Il giovane Gualtieri si divertiva a sussurrare ogni tanto qualcosa all’orecchio di lei suscitandone a volte riprovazioni poco convinte, a volte risate.

I due, arrivati al Grand Hotel des Balcons salirono ancora ridendo e scherzando insieme allo stesso piano. Lui l’accompagnò alla camera e, appena Ada fu entrata lui mise il piede nell’atto vagamente scherzoso di impedirle la chiusura della porta. Non ci credeva molto, anzi non ci credeva affatto, sapeva della sua relazione con il Cipriani; era quasi un atto dovuto come maschio sano e normale che in quel momento avrebbe avuto l’attenuante di essere brillo.

– ... bisogna sempre provarci con le donne Aurelio... qualcuna ci sta... te prova sempre... – era l’insegnamento di un suo amico, un altro giovane imprenditore che frequentava al Bar Orgiu, noto per essere un “tombeur des fammes”.

Ada infatti ci stette. Ne aveva voglia; quella debolezza, anche solo con il pensiero, di Alessio nei riguardi della campionarista l’aveva sdegnata. Quella notte, pensò, l’avrebbe derubricata come momento di follia, come una piccola rivalsa: – ...come ha potuto quel cretino pensare a lei negli stessi termini con cui vuole stare con me?... non esiste. –

Invece non andò così. Anche Aurelio, nell’abbraccio voluttuoso con la florida Ada vi scorse la sua piccola vendetta. Anche lui aveva qualcosa da ridire nei confronti del ragioniere. Ci aveva rimuginato più volte: – ... ma icché crede di fare a snobbarmi... i misteri li tiene tutti per sé... gli è un imbecille... icché gli racconta il vecchio taccagno le son cose riservate... dice... –

E poi della bella pugliese, anche nei giorni e nelle notti successive, capì essere della stessa sua pasta. Gli piaceva e non solo per le fattezze; era ambiziosa, amava vestirsi bene e lo faceva sentire importante anche riguardo al lavoro; infatti Ada, anche davanti ai clienti, ignorando le perplessità del dottor Quartaroli, lo interpellò spesso per i prezzi e le consegne. La donna realizzò in quei giorni parigini che rimanevano ancora, che ad Alessio non ci pensava più. E poi, un po’ vergognandosene ma non troppo, fece il conto della serva: – Il vecchio quanto potrà campare ancora... è vecchio e malato... poi tocca ad Aurelio... –

Il Cipriani venne a sapere del nuovo sodalizio quasi subito, praticamente il giorno dopo. Al ritorno alla base dei commerciali fu molto sportivo, le augurò di essere felice, nascondendo come poteva l’orgoglio ferito. Naturalmente all’inizio si sentiva “scornato” in tutti i sensi ma, meravigliandosene lui stesso, cessò presto di avvertire la faccenda come vero dispiacere.

 - Successe che Il Prato, nell’aprile di quell’anno, si accingesse a giocare in trasferta proprio a Pistoia, contro gli odiati cugini. In classifica le due squadre, insieme al Castel di Sangro, si trovavano testa a testa. Non capitava da molti anni una situazione simile e la febbre tra i tifosi salì a mille.

Quella settimana fu visto confabulare con il Faggino, poi con lo stesso magazziniere e il Cipriani insieme; sembrava un’altra persona. L’argomento era quello, il giocatori, l’allenatore, la tattica; seppe che i due avevano già comprato il biglietto.

Nello, più che ottantenne, deboluccio e malazzato e l’anziano magazziniere erano praticamente invecchiati insieme in quella fabbrica, seppure in ruoli molto diversi e lontani. Il Faggi che pure gli era affezionato, non si sarebbe aspettato quell’uscita: – ... sentite ragazzi... e se volessi venire anch’io... mi ci accompagnate?... io non guido più la macchina. –

Ci aveva pensato a lungo prima di fare quella domanda. Si rendeva conto che fosse una cosa azzardata, ma ormai era deciso. Non avrebbe detto nulla al dottore che veniva due volte alla settimana a fare un controllo per il cuore, e neanche ad Aurelio. – ... fanculo il dottore... fanculo Aurelio e la sua puttana... – Lui non aveva molta simpatia per quella pugliese, anche se le riconosceva una certa professionalità.

Alessio rivendè i due biglietti di curva sud che aveva prenotato e ne prese tre in tribuna coperta. All’inizio lui e il Faggi avevano provato a fare delle obiezioni: – è una stagione ancora un po’ diaccina, Nello... che te la senti?... – ma in fondo, pur un po’ preoccupati, erano contenti anche loro.

L’esodo dei tifosi pratesi, rapportato alla categoria inferiore, era imponente. Le bandiere e gli striscioni bianco-azzurri sventolavano fitti nella curva riservata agli ospiti opportunamente lontana da quella degli ultras arancioni.

A Nello gli occhi, pur spenti in parte dall’età e dagli acciacchi brillavano dall’eccitazione. La giornata era freddina e asciutta e il vecchio imprenditore si era ben rinvoltato con sciarpa e cappello nel suo cappotto blu di cachemire. Non vedeva dal vivo una partita di calcio, e che partita, da molti anni.

La partita cominciò subito con grande accanimento da ambo le parti. A tratti pareva che la squadra arancione dominasse il gioco, ma la difesa laniera, costruita appositamente coriacea per l’occasione dal tecnico Bicchierai, reggeva l’urto con disinvoltura.

Nello seguiva con attenzione, si agitava, fremeva, si alzava in piedi. Il Faggi che lo seguiva con la coda dell’occhio a un certo punto lo vide fermo a sedere e con il viso sbiancato: – Nello, icche c’é, non ti senti bene?... – ... nulla, nulla... sto bene... ora mi passa. – Anche il ragioniere se ne accorse e aggrottò la fronte.

– ... signor Nello, prenda queste caramelle al miele... forse un calo di pressione... – Grazie Cipriani, ora mi passa... –

Nell’intervallo andarono tutti e tre al bar a prendere un bicchierino di Sambuca, il Gualtieri sembrava rinfrancato, poi riprese la partita nel modo di come si era interrotta; gli arancioni spesso in avanti, i bianco azzurri rispondendo con veloci contropiede. A otto minuti dalla fine il contropiede vincente, finalizzato con successo da un velocissimo Ceccaroni. Saltarono tutti e tre sulla sedia compreso il vecchio tifoso. Ma Nello non urlò come tutti, si limitò a coprirsi la faccia, come incredulo.

Pistoiese 0 - Prato 1. Gli ultimi minuti furono di una sofferenza atroce; si giocava davanti ad una sola porta, quella pratese. Alla fine l’urlo liberatorio; aveva vinto il Prato.

Sciamarono tutti lentamente verso l’esterno, alcuni eccitati e urlanti, altri dalle facce scure che procedevano abbacchiati come per un funerale, la felicità degli uni era a motivo dell’infelicità degli altri. Il Cipriani e il Faggino, non senza un po’ di apprensione, uno per parte tenevano a braccetto Nello il quale, visibilmente prostrato camminava piano e a fatica. L’arrivo alla macchina sembrò una liberazione.

A casa, il vecchio abitava solo in casa con una coppia di filippini, i due improvvidi accompagnatori già angustiati da una sorta di senso di colpa lo fecero mettere subito a letto. Il dottore che era stato subito chiamato, già molto scocciato per la visita in giorno di festa, tentennando la testa sbottò acido: – ... siete degli irresponsabili... portare il signor Nello a una partita di calcio... da denuncia... –

Dopo la visita aggiunse: – Gli manca il fiato, è in piena dispnea; è stato uno sforzo troppo grosso per il suo cuore indebolito, ormai da anni... è a rischio di edema polmonare acuto... andrebbe portato all’ospedale. – ... no all’ospedale no.. all’ospedale no... – intervenne in quel momento il vecchio imprenditore che stava ascoltando, con un filo di voce che sembrava venire dall’oltretomba. Il dottore lo guardò prima indispettito e poi rassegnato; sapeva che il Gualtieri fosse una testa dura, non avrebbe cambiato idea.

Allora chiamò d’urgenza l’unità medica con tutto il fabbisogno: medicine, bombola dell’ossigeno e il necessario per la flebo: – Naturalmente stanotte va guardato a vista, chiamate se c’è bisogno. – concluse prima di andarsene, non risparmiando un’ultima occhiata di costernazione mista a malcelato disprezzo in direzione dei due rei.

 - Si chiesero allora, non fidandosi del tutto dei due filippini, chi lo avrebbe assistito quella notte. – ... io ci posso stare qualche ora, ma qui ci vorrebbe una donna fidata, magari un’infermiera a pagamento – suggerì il Cipriani – ... no, ho un’idea migliore... – ribattè il Faggi.

Così fece venire la sua figliola la quale non era nuova a queste incombenze. Lei faceva le nottate spesso, bastava che qualcuno glielo chiedesse per piacere; e poi per il vecchio aveva simpatia. Nonostante la sua postura burbera, pensava che avesse un cuore d’oro, benchè malato; sapeva da fonte sicura delle donazioni e delle sue visite alle case-famiglia da lui sorrette. Inoltre, ed era fatto recente, le avevano riferito delle sue ostentate spallucce quando qualcuno, non certo disinteressato, gli aveva riportato con nonchalance l’errore delle etichette.

Il vecchio si era subito addormentato. Marzia e il Cipriani si erano accomodati ciascuno su una poltrona, uno a destra e l’altra a sinistra del letto.

– ... ma perché non vai a casa Alessio?... ci sto io qui... ci sono abituata.. e poi io non sono di quelle che dormono parecchio... vai... – mormorò Marzia. – ... ti do noia?... – fece lui. – ... ma che dici? – rispose sorridendo e ancor più sottovoce la donna. Aveva fatto anche il viso rosso, ma la stanza era quasi buia e non si vedeva. Seguì un lungo silenzio.

Alessio faceva finta di dormire, ma sottecchi la osservava. Quella sera gli sembrava che Marzia, la quale per puro caso il giorno avanti era stata dalla parrucchiera, fosse quasi bella; pensò che la sua fosse una bellezza diversa – ... sì, e poi lei è una donna vera. –

La campionarista dopo un quarto d’ora si alzò per cambiare la bottigliona della flebo e per farlo si chinò a prendere quella nuova da terra, mettendo in evidenza il suo bel fondo schiena fasciato da una gonna aderente. – ... è anche una femmina vera ... – aggiunse tra sé, tra il compiaciuto e il pensieroso.

Dopo un’ora, intanto Nello dormiva tranquillo, si alzò in silenzio e le si avvicinò all’orecchio: – vo via allora... grazie Marzia, sei un angelo... – Nel farlo perse per un attimo l’equilibrio, si appoggiò con una mano alla poltrona della donna, ma non potè comunque fare a meno di sfiorarne il volto con la bocca.

Rimasero entrambi sorpresi, fermi come statue per qualche istante a guardarsi da vicino; gli occhi si incrociarono, quelli di lei brillarono come per una lacrima repressa. – ... scusa, non volevo... – figurati... –

Sulla porta della camera, uscendo, Alessio si voltò trovando di nuovo gli occhi di lei che ancora brillavano, forse di speranza.

Dopo altre due serate spese insieme al capezzale di Nello, al giovedì, felici, dissero ai colleghi che si erano messi insieme. La novità mise di buon umore tutta la fabbrica.

Anche il vecchio Gualtieri che intanto si era ripreso un po’ ne fu contento, a modo suo, senza tanti discorsi; tuttavia non era ancora fuori pericolo, anzi, il dottore temeva il peggio.

Era a letto già da quattro giorni durante i quali mai gli capitò di recriminare per avere fatto quell’imprudenza che gli era tanto costata, quando ricevette una misteriosa visita. Si trattava del notaio Rindi, accompagnato da due persone sconosciute, come spifferò la donna di servizio filippina ad Aurelio che ogni tanto le faceva un regalo. Nessuno però ne sapeva il motivo.

Lo seppero tutti un mese dopo la morte del vecchio Gualtieri, al cui funerale, con sincero rincrescimento partecipò la fabbrica intera. Tutte le cure, benchè fossero state appropriate, non avevano potuto frenare l’edema polmonare, ma Nello era rimasto lucido fin quasi alla fine.

Aurelio ebbe un lungo colloquio con il suo babbo dal quale uscì con le lacrime agli occhi, ma all’Ada, molto contrariata, non disse nulla del contenuto del colloquio.

Il testamento, cambiato dal vecchio negli ultimi giorni di vita, decretava che la villa della Castellina diventasse come già previsto proprietà del figlio, ma che il lanificio con annessi e connessi, dovesse andare tutto quanto alla signorina Faggi Marzia.

Peraltro la suddetta signorina avrebbe avuto l’obbligo, a meno di gravi motivi nel futuro e certificati dal notaio, e qualora gli interessati fossero a ciò interessati per davvero, ad avvalersi delle prestazioni professionali del ragionier Cipriani, del tecnico Bogani, del dottor Quartaroli e di Aurelio Gualtieri, tutti quanti ben remunerati.

Inoltre un decimo dei profitti dell’esercizio imprenditoriale avrebbe dovuto andare alla fondazione curatrice gli interessi delle due case-famiglia a lui care.

Fu una grande sorpresa. Aurelio sapeva già tutto: – Conosco i tuoi limiti e anche tu li conosci, vero? Poiché ti voglio bene davvero, proprio per il tuo bene faremo in questo modo, così non ti mangerai la fabbrica, come avevi già cominciato a fare... – erano state queste le parole del suo babbo.

Alla lettura del testamento c’erano tutti e cinque i beneficiati, mentre Ada e il Faggi aspettavano in anticamera.

Marzia era incredula e comprensibilmente smarrita; mai avrebbe immaginato una cosa simile.

Il Faggino dalla gioia prese a fare il buffone per un bel po’, mentre Ada ebbe bisogno di un bicchierino perché stava svenendo.

L’A. C. Prato Calcio, quell’anno vinse il campionato e si aggiudicò la promozione in C1.

– fine –

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