IL GARZATORE SERIOSO

IL GARZATORE SERIOSO (2000)

 FOTO MONTE FERRATO

– A casa di Romeo era rimasto soltanto il figliolo più piccolo, ma per l’occasione erano convenuti alcuni amici anche loro rimasti con i ragazzi più piccini. I più grandi, tutti in fase adolescenziale tra i 15 e i 18 anni, tre maschi e tre femmine, avrebbero trascorso il fine anno 1999, a “Casa Bastone”. Romeo stesso e un altro genitore, con le macchine, li avevano portati davanti alla chiesa dei Cappuccini nel primo pomeriggio quando era ancora pieno giorno, un giorno decembrino non troppo freddo e terso di nuvole.

Dalla salita dei Cappuccini avrebbero dovuto inerpicarsi verso i “Cento Pini”, poi salire ai “Bifolchi” e infine per strada sterrata a saliscendi e piena di buche, avrebbero raggiunto la “Casa Bastone” dove, sul retro, si apriva una specie di rifugio sempre aperto e attrezzato per i viandanti.

Vi avrebbero trascorso anche tutta la notte con i sacchi a pelo.

Gabriella era in fibrillazione, lei Teresa non l’avrebbe mandata e anche Romeo all’inizio era incerto; ma poi, vedendo che gli altri amici non ne facevano un gran problema, obtorto collo, aveva ceduto.

– ... Lorenzo mi raccomando... stai attento alla tu’ sorella. Guarda, ti fo responsabile... tu sei i’ più grande di tutti e lei la più piccina... capito? – ... sieee... figurati se la si fa guardare da me... la si guarderà da sé... –

In realtà, più che ai pericoli quasi inesistenti, la Gabriella aveva in mente quell’Antonello di 17 anni.

– ... quello?... gli è troppo furbo... e svelto... eh, certo, la su’ mamma la dice che per lei un c’è problema... per forza... gli è un maschio... e furbo... – Via Gabriella, non esagerare, icchè tu voi che succeda... – Il giorno avanti Romeo aveva cercato di rassicurarla: – ... ma poi, un tu se’ mai contenta... in discoteca unn’era peggio?... tanto in casa un ti ci stanno. –

Romeo era garzatore, di quelli bravi, e guadagnava benino. Gli amici di quella sera non erano amici stretti, in realtà quelli che si conoscevano bene erano i rispettivi figlioli. D’altra parte non è che lui ne avesse tanti di amici. Al bar non ci andava quasi mai, non giocava, non fumava e il calcio non gli piaceva. Vicino alla mezzanotte si prepararono per il brindisi.

Fino a quel momento si erano messi a discutere se con la mezzanotte cominciasse il nuovo millennio oppure no. La maggior parte di loro, compreso tutte e quattro le donne erano per il sì. C’era chi l’aveva sentito dire alla televisione chi invece l’aveva letto su un rotocalco; invece Romeo il quale, contrariamente al solito aveva preso parte con interesse alla discussione, e sostenuto da Enzo un ragioniere calvo, quello che aveva tra le presenti la moglie più bella, diceva con decisione il contrario: – ... e allora duri eh?... non esiste... vi ho detto che il secondo secolo dopo Cristo iniziò il primo gennaio del 101. Di cento in cento, alla mezzanotte del 31 dicembre dell'anno 2000 inizierà il ventunesimo secolo. – ma non ce la fece a convincerli.

Gabriella, che intanto si era un po’ dimenticata dei rischi che poteva correre la figliola, più che interessata a quella questione, guardava suo marito. Raramente l’aveva visto così acceso nel questionare di qualcosa. In un lampo le venne in mente che forse si voleva far notare dalla moglie del ragioniere: – ... nooo, non ce lo vedo... tutto, ma quel difetto no... lui un ce lo vedo... no, un ce lo vedo. –

Però al brindisi ci stette attenta. Come si usava si sarebbero probabilmente baciati, come benaugurio, sulle guance; dubitò che qualche bacio, forse anche qualcuno dei baci di Romeo, potesse essere un po’ più umido e caldo degli altri. Invece no, notò che l’atteggiamento di Romeo era stato normale, quasi frettoloso.

Ma, nell’esercitare quella singolare attenzione non gli sfuggì, piuttosto, che il babbo di Luca, l’amico di Lorenzo, tra il bacio incrociato sulla prima guancia e quello sulla seconda si era fermato per qualche istante a guardare negli occhi la mamma di Michela, uno sguardo che brillava proprio come quello di lei: –..mmmh... gatta ci cova... mah, gli hanno a fare icché vogliono, a me un m’interessa... –

Poi, terminato il brindisi e consumato il rito dei ripetuti auguri, alzò la voce: – ... venite... andiamo tutti, su... mettetevi il cappotto... si vede i’ fochi... venite. –

Loro avevano un bel terrazzo “a tasca”, proprio a filo della grondaia dal quale si vedeva tutto il circondario e oltre fino alla montagna. Il cielo era stellato e anche qui, mentre tutto intorno scoppiettavano petardi e fuochi d’artificio, Romeo fece sobriamente sfoggio di un certo sapere che tuttavia incuriosì pochi. Conosceva il nome di qualche costellazione e di alcuni pianeti che prendevano luce dal sole lontano: – Quello là a occidente è Giove; ci sarebbe Saturno allineato lo vedete? Invece Venere ormai non si vede più ... –

Gabriella contribuì a distrarli dal cielo; le interessava la Calvana. A mezza costa, piuttosto in alto si vedeva Casa Bastone fiocamente illuminata da una luna quasi piena. Era eccitata: – guardate!... si vede Casa Bastone... i nostri ragazzi son là... mamma mia, un si vede neanche una lucina... icchè faranno a i’ buio? –

Romeo si rassegnò e poi quella visione interessava anche a lui; anche lui era innamorato dei figlioli. Poi gli uomini cominciarono a parlare di calcio mentre il garzatore, appoggiato sui gomiti al davanzale in cemento armato rimase a contemplare per un po’ la montagna, poi alzando gli occhi, ritornò a scrutare il cielo.

Quella sera, pensò Gabriella mentre gli ospiti stavano salutando, era andata bene. Questa volta il suo uomo, di cui era ancora innamorata, non aveva fatto la parte del musone. In altre occasioni non aveva quasi spiccicato parola. Si isolava, lo sport non l’attraeva, la politica un po’ di più ma non amava parlarne, le chiacchiere da donne anche meno, e sorrideva poco.

Anche in casa, pur adorando i figlioli, per la Teresa poi aveva un debole, non parlava molto con loro, non riusciva a comunicare più di tanto ciò che aveva dentro. Non aveva una gran base scolastica, aveva fatto tre anni di Datini e poi era stato risucchiato dal mondo del lavoro. Amava leggere, non tanto libri di narrativa, quanto opere di saggistica specialmente scientifica, non disdegnando libri scritti da storici; la cultura se l’era fatta da sé.

– Pur avendo certi interessi diversi dal solito, come si era intuito la notte della fine dell’anno, esitava a metterli in piazza o a imporli all’attenzione, temeva di essere giudicato un po’ eccentrico. Anche con i compagni di lavoro, alla rifinizione Bel-Ma ci parlava poco, lo stretto necessario per il lavoro o poco più. A Filippo, il cimatore, che aveva la macchina cimatrice vicina al garzo, Romeo piaceva: – ... con lui il titolare può andar tranquillo... unn’ha ma’ sfondato una pezza che l’è una pezza... gli è uno serio e sa icché fa... – ... mah... a me sembra anche troppo serio... non ride mai!... non l’ho ma’ visto ridere. – mormorò perplesso il ramosaio che intanto aveva affidato la “Bruckner” al suo giovane aiutante i cui movimenti però, non stava perdendo d’occhio: – ... quel ragazzo è bravo, ma è ancora troppo giovane. – chiosò sottovoce.

Stavano facendo una breve pausa ed erano seduti entrambi su un pianale di pezze uscite dalla calandra mangiando qualcosa portato da casa. Il teporino che rilasciavano quelle pezze li faceva “riavere” come sussurrò Filippo. A lui piaceva anche quel “frazio” speciale che emanavano le pezze stirate da poco; le stava come annusando. Fuori faceva un gran freddo; era arrivata la fine di gennaio con il nevischio e il vento e anche all’interno della rifinizione si gelava.

– ... certo, è vero, non ha sciupato una pezza... – riprese Salvatore, il ramosaio che era sicliano d’origine e che in quel momento forse rimpiangeva il clima mite della sua Agrigento.

– ... e neanche i’ contrario... – aggiunse l’altro, guardando senza speranza il fondo della sua pentolina ormai vuota – ... unn’ho ma’ visto nessun cliente tornare a lamentarsi perché i’ su’ articolo gli era “poco popolato di pelo”... però sì, gli è vero... se a volte si lasciasse un po’ andare... –

– Romeo si riteneva una persona razionale, era affascinato dai saperi del macrocosmo e del microcosmo e, in generale attratto anche dal mondo dell’ignoto. Pensava che l’ignoto, di per sé potesse essere cosa non irragionevole, e che avesse solo il difetto di essere, appunto, ignoto.

Non era praticante, ma l’esistenza di Dio, proprio per quella premessa era nell’ordine della natura. Non c’era cosa più probabile dell’esistenza di Dio. E forse, quel Dio non era neppure tanto ignoto. Romeo era affascinato dalla figura di Gesù Cristo il quale, pensava, si è dichiarato immagine di Dio:

– ... “chi vede me vede il Padre”... come ha potuto dire o concepire una cosa simile?.. o era un pazzo spudorato o davvero lui è immagine di Dio ... – A volte, quando era più contento, gli veniva di pensare che fosse possibile, altre volte no.

Con la sua base zoppicante si mise pervicacemente a leggere anche qualcosa di meccanica quantistica, avventurandosi perfino tra le particelle uno-dimensionali descritte nella “teoria delle stringhe”. Cozzava continuamente contro un muro, ma senza scoraggiarsi; alla fine una qualche idea riusciva a farsela.

Nell’anno 2000, ma era successo anche l’anno precedente, sui giornali e nei talk-show della televisione era presente il tema del millennio trascorso e di quello imminente. Gli capitò per le mani, quella domenica di marzo aveva portato Gabriella in centro e in piazza San Francesco c’era il mercatino del libro, un saggio stampato di recente, intitolato: “Mille e non più mille. Viaggio tra le paure di fine millennio” della storica Chiara Frugoni.

Era ancora freddo ma la giornata era bella, luminosa. – ... guarda Romeo... le rondini... dicevano che non sarebbero più arrivate... invece eccole lì... – ... non sono rondini Gabriella, sono rondoni. –

Ne stava sfrecciando un bel gruppo. Giravano intorno al campanile della chiesa trecentesca, fischiando. Ma il garzatore era rimasto assorto, chino su quel libro.

Lo comprò e quella sera a casa lo lesse tutto d’un fiato. Si addormentò molto tardi e il giorno seguente scontò la mancanza di sonno. Il libro, tra analogie come la paura della miseria, della guerra, dello straniero, delle epidemie, e certe differenze, soprattutto sul modo di affrontare la paura della morte, la storica confrontava il mondo medievale del’anno 1000 con il mondo che stava per varcare la soglia del 2000.

Romeo realizzò che, nonostante il progresso dell’uomo nel campo della conoscenza dell’universo, quel mondo in cui, pur con umiltà, egli si era addentrato con passione, l’interesse per profezie e predizioni non sembrasse esser passato di moda. La preoccupazione per l’insorgere di una catastrofe cosmologica sembrava continuare ad incombere. Si chiedeva se ci potesse essere qualcosa di vero in quelle preoccupazioni.

Nel mese di luglio c’era un gran lavoro alla rifinizione Bel-Ma e gli operai facevano parecchie ore. Romeo da qualche tempo era più serioso e cupo del solito. – ... oh Romeo, tutto bene?... – Il garzatore rispose come faceva spesso a monosillabi. Inoltre quella mattina era molto concentrato, avendo da garzare “a molle” tre grossi pianali di un “velour” misto cachemire, molto delicato. Filippo era l’unico che, ogni tanto, poteva scambiarci un po’ di conversazione, ma lo lasciò in pace.

Un’ora dopo gli portò un caffè della macchinetta e una pastina: – Se non ti va, no problem, la mangio io... ho anche fame... – Romeo si mise a sedere, era stanco e gli ci voleva una pausa e prese volentieri il caffè con la pastina.

– ... che ne pensi del Concord? Hai visto quanti morti? – Il giorno avanti un Concord era precipitato poco dopo il decollo dall’aereoporto di Parigi Charles De Gaulle, causando 113 vittime.

– ... altro che Concord... le cose non vanno punto bene Filippo... – Cioè? icché tu vo’ dire? – Quello che ho detto... le cose vanno male. –

Il cimatore lo guardò con aria interrogativa. – ... ho capito... tu sei incazzato perché l’Italia ha perso la finale con la Francia. – Era successo tre settimane prima, ma Filippo aveva fatto quella digressione per buttarla sul ridere; sapeva che a Romeo, del calcio non gli importava un fico secco.

– Allora... me lo dici icchè tu hai?... è da un pezzo che ti vedo nero. – ... sono in pensiero Filippo... quest’anno finisce il millennio e... – esitò un istante mentre alzava gli occhi per guardarlo – ... può succedere di tutto. –

Filippo sorrise: – ... ma icchè tu dici?... – Lo vedi?... gli era meglio se un ti dicevo nulla. – Invece voglio sapere dicchè tu parli... vai... non scherzo, lo voglio sapere. – ... gli è un discorso lungo... io ora ho da fare. Se t’interessa vieni a casa mia insieme alla Mery... stasera o domani... e te lo spiego. –

Filippo, mentre faceva la “spuntatina a molle” alle pezze che prima erano passate dal garzo di Romeo, ripensò a quelle parole. L’amico, specialmente sul lavoro e in un momento “di furia” come quello, non aveva mai sprecato così tante parole tutte insieme come poco prima. Doveva esserci un motivo serio. Così gli disse che quella sera stessa sarebbe andato a trovarlo.

Erano tre mesi che il garzatore si informava, leggeva, ma stando sempre sul chi vive, nel senso che non desiderava abbandonarsi né a teorie superficiali, tantomeno a superstizioni. Tuttavia persisteva in lui uno strano fascino nei confronti del mondo dell’ignoto. Un ignoto come aveva sempre pensato che, avendo il solo difetto di essere ignoto, avesse specularmente il pregio di poter essere, invece, svelato. Seguiva un sesto senso molto personale che diceva di possedere.

Al riparo della curiosità delle due donne che stettero in cucina a disquisire di professori scolastici bravi e non bravi, ripetè al cimatore, prima di tutto, che era preoccupato dei molti segnali negativi che stava percependo.

Iniziò l’elenco con il “bug”, spiegando che, al cambio della mezzanotte tra il 31 dicembre 2000 e il 1º gennaio 2001 quel “bug”, un disastroso difetto informatico, avrebbe portato alla distruzione di ogni sistema operativo e quindi, con ogni probabilità, alla fine dell’umano consesso. Le ipotesi più aggiornate assicuravano che c’era stato un errore nell’averlo previsto per la fine dell’anno precedente; adesso la cosa sarebbe stata sicura, ma non per il passaggio dalle due cifre allo 00, ma per difetti molto più complessi. – Ora non ti sto a specificarli... anch’io non li ho proprio chiari, chiari... –

Altri segnali non erano meno inquietanti. Alcuni scienziati eterodossi, fuorisciti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, prevedevano per la fine del 2000 l’esplosione di una micidiale e misteriosa pandemia che sarebbe durata per anni: – ... a quanto pare in Africa c’è già un preoccupante focolaio... –

Altri scienziati, continuò, –... bada bene eh... parlo di scienziati, non di fattucchiere... – davano per certa la improvvisa compromissione della Biosfera a causa dell’inquinamento e della sovrappopolazione, con conseguenze di portata inimmaginabile, quali la siccità, trombe d’aria, le alluvioni.

– ... ma la cosa che più mi atterrisce è la fortissima probabilità di una terza guerra mondiale atomica. – ... scusa, ma non c’è... come si chiama? ... il trattato... aiutami... – dici quello sulla non proliferazione delle armi nucleari? Ma hai visto chi hanno eletto presidente della Russia? Vladimir Putin, un guerrafondaio che ha diretto per anni il KGB, e sai in che giorno è stato eletto?... eh?... nel 31 dicembre del 1999... non ti dice nulla questa data?... è tutta una promessa. –

Romeo proseguì, davanti a un Filippo esterrefatto, che gli scienziati, grazie al telescopio spaziale, non escludevano, anzi avevano preannunciato un impatto della Terra con un grosso meteorite. Questi avrebbe sconvolto la vita del pianeta, le cui polveri sollevate avrebbero oscurato il cielo per anni causando il crollo delle temperature e l'interruzione della catena alimentare. – ... ti sembra impossibile?... lo sai come si sono estinti i dinosauri? eh? in quel modo... rientrerebbe nell’ordine delle cose... la storia primordiale che si ripete –

Fece una pausa guardando negli occhi l’intelocutore come a prepararlo alla successiva rivelazione:

– ... hai visto che le api si stanno estinguendo?... secondo te, come faranno le piante a riprodursi senza l’impollinazione?... e senza piante, lo sai che non possiamo vivere... – sì, questo lo so... ma... sei proprio sicuro? – si limitava a borbottare Filippo.

Poi il garzatore continuò parlando dell’allargamento del buco dell’Ozono, provocato dalle emissioni abnormi di monossido di carbonio. – ... sembra che siamo arrivati al punto di non ritorno... arrivati al quale le radiazioni solari ci uccideranno tutti. –

Romeo proseguì ancora e per un bel po’ con altre cose di quel genere. Dopo quasi un’ora il cimatore era prostrato, come asfissiato da tutte quelle infelicità prossime future. Per amicizia, ma anche frenato dal ragionevole dubbio che avesse, almeno in qualcosa, ragione, l’aveva ascoltato con attenzione.

D’un tratto però drizzò la schiena, alzò lo sguardo verso di lui che intanto si era alzato e lo guardò in viso; proprio come un pugile che, messo ormai alle corde raccogliesse tutte le residue energie e, uscendo dall’angolo si lanciasse in avanti: – E perché dovrebbero succedere tutte nel 2000 queste cose Romeo, proprio tutte alla fine del 2000... perché?... e che ragione ci sarebbe ? –

L’altro non si aspettava quel tono deciso: – È una domanda giusta Filippo. Ci ho pensato a lungo... – Indugiò: – ... escludo le teorie millenariste che derivavano da angosce religiose... – In realtà il garzatore, anche se non ne era perfettamente consapevole, appariva molto suggestionato da quelle credenze millenaristiche, tuttora circolanti specialmente tra certi gruppi minoritari e a cui dichiarava di non credere, ma preferiva pensare di non esserlo affatto.

– La mia è una constatazione oggettiva nata dalla ricerca di persone preparate... vedi... non dico che questi fatti debbano succedere proprio tra il 31 e il primo gennaio. Ma tra la fine di quest’anno e... al massimo in tutto l’anno... tante di quelle condizioni stanno maturando proprio ora... –

Poi fece la faccia seria: – purtroppo dobbiamo prepararci Filippo... mi dispiace se t’ho messo i pensieri. –

Filippo uscì da quella casa sconvolto, faceva fatica a credere a tutte quelle profezie pseudo scientifiche le quali lo avevano messo comunque di cattivo umore. E poi non aveva mai visto Romeo in quel modo. L’aveva sempre visto e sentito sobrio e di pochi discorsi; non lo riconosceva: – ... era meglio quando parlava poco... mi piaceva di più... – disse alla Mery durante il viaggio a casa, dopo averle riferito a grandi linee ciò che l’amico gli aveva sciorinato: – ... secondo me non si sente bene... ma come si fa a dirglielo... parla con la Gabriella. –

– Il Vangi, il titolare del finissaggio, un uomo grosso, rosso in viso e di capelli bestemmiava senza ritegno. Quella volta Romeo aveva sfondato un pianale di “velour”. Non era mai successo. L’uomo grosso scorreva le pezze allo “specchio”; ogni tanto lo fermava, ne provava la resistenza provocandone uno leggero strappo nel senso della trama e si metteva le mani nei capelli. – ... via... un c’è nulla da fare... le son tutte uguali. – Romeo era dietro di lui, impietrito. Dire che gli dispiaceva sarebbe stato patetico e inutile. Il titolare se andò via prendendo a calci un pianale vuoto facendosi anche male alla caviglia.

La sera Filippo ne parlò con Salvatore: – ... unn’è più lo stesso Romeo, sta attraversando un periodo difficile.... pensa sempre a quelle cose, s’è fissato... si sta ammalando... –

Il giorno dopo Romeo non venne a lavorare e neanche il giorno dopo ancora. Aveva telefonato dicendo di avere la febbre, ma dopo quattro giorni non si era ancora presentato al lavoro. L’amico, che non credeva alla febbre, andò a trovarlo.

Romeo si era rifugiato in camera sua, faceva finta di dormire e non voleva vedere nessuno, neanche i figlioli. Gabriella, a dir poco era preoccupata e non capiva esattamente che cosa gli fosse successo. Quando aprì la porta e vide Filippo sulla soglia le vennero le lacrime: – Fai qualcosa te, Filippo... io un so più icché fare e icché dire... –

Gli bussò alla porta di camera che era solo accostata e si affacciò appena. Romeo gli fece cenno di entrare. Il garzatore era in uno stato di profonda prostrazione e di stanchezza e provava disprezzo per se stesso. Gli raccontò che quella sera, al ritorno a casa, – ... dopo quella figura di merda... – precisò, ebbe un attacco di panico. Lui non sapeva che cosa fosse, glielo aveva spiegato il dottore chiamato dalla moglie. Sudava, sentiva dolore al petto, aveva nausea e vertigini; provò angoscia e paura della morte. Per il giorno successivo aveva deciso di non andare al lavoro, ma solo per un giorno: – ... soltanto che quell’attacco s’è ripetuto al mattino dopo e poi altre volte... mi vergogno a dirlo Filippo... me la sono anche fatta addosso... –

Gli disse anche che dopo aver superato l’attacco, stava sempre in ansia aspettando che la cosa si ripeta: – ... e infatti la cosa si ripete. – Era per quello che non voleva ancora tornare al lavoro. Poi aggiunse: – ... il dottore mi ha detto che dovrei camminare... ma non me la sento... –

– Senti Romeo... ti devo dire due cose, la prima positiva... – attaccò il cimatore: – Nella disgrazia, t’hai avuto culo... – L’altro lo guardò perplesso. – ... sì, perché quelle pezze, per fortuna erano avanzi di magazzino che il cliente voleva rifinire per lo stock, sicché il danno è minimo... –

Romeo fece un sospiro di sollievo: – ... e l’altra cosa, qual’è? – L’altra è la mia opinione su quello che ti sta succedendo. Secondo me, ma non te la prendere eh... tutte quelle tue letture, da qualche tempo, non ti fanno altro che male... anzi ti dirò di più... quelle teorie, tutto quel catastrofismo... in gran parte son tutte stronzate... –

Romeo abbassò il capo. Seguì un po’ di silenzioFilippo andò alla porta per andarsene, ma mentre stava per uscire si voltò: – devo andare a casa, però... senti... domani gli è sabato e io avevo fatto l’idea d’andare sul Monte Ferrato... t’anderebbe? –

 

– Quella camminata, nonostante che il garzatore non fosse abituato, fu come la mano del cielo. All’invito dell’amico aveva inizialmente risposto che non se la sentiva. Ma poi ci rimuginò sopra mentre faceva finta di guardare la televisione; invece del film guardava dentro di sé. Sentì che Filippo non era venuto per offenderlo anche se non aveva avuto molto tatto, ma per dargli una mano ad uscire da quella palude. Gli telefonò a mezzanotte per dirgli che aveva cambiato idea.

Via via che salivano, erano partiti molto presto perché più tardi il sole si sarebbe fatto cocente, Romeo si sentiva rinascere. L’idea degli attacchi di panico persisteva in fondo al pozzo delle sue paure, ma invece non gli successe nulla. Non parlarono molto. Come fossero stati d’accordo evitarono di tornare sull’argomento.

C’era da respirare l’aria fresca del mattino profumata della resina dei pini marittimi, c’era da spaziare con lo sguardo verso la piana; in lontananza individuarono le proprie case e anche la Rifinizione Bel-Ma. Arrivati alla sommità si misero a sedere su un masso ben oltre il segnale del CAI per osservare la valle sottostante che conduceva al paesino di Albiano.

– Romeo quel giorno non ebbe attacchi di panico così volle andare a camminare anche il giorno seguente, ma soltanto per una passeggiata breve e in pianura; le gambe gli erano rimaste affaticate.

Percorsero una strada sassosa, ma in basso, lungo le pendici dello stesso Monte Ferrato, fino a Figline. Era domenica e la Pieve di San Pietro era aperta. Partiti più tardi del giorno avanti, in quel momento il sole di fine luglio era già alto e picchiava.

L’antica chiesa invece era fresca e si stava bene a sedere su quelle panche di legno marrone. All’altezza del transetto c’era una “Ultima Cena” e una “Crocifissione”, pregevoli pitture che attirarono l’attenzione di Romeo. – ... eccolo lì – pensò – eccolo lì quello che dice d’essere l’immagine di Dio.... chi vede me vede il Padre... – Gli sgorgò allora, dal fondo dell’anima, quasi senza volere, una preghiera, semplicissima: – ... Dio mio... Dio mio... –

 

– Romeo, ce ne fosse stato bisogno, toccò poi con mano che il nuovo millennio non aveva portato nessuna catastrofe, anche se rimase convinto che l’umanità, prima o poi, sarebbe sprofondata nel baratro creato dalla stessa sua cecità e inettitudine. In compenso, in seguito all’incontro con quell’antico crocifisso aveva acquisito pian piano una sua pace interiore, come gratuito dono della ritrovata fede.

Apparentemente, dopo quella crisi era tornato lo stesso Romeo di prima; concentrato sul lavoro e nuovamente parco di parole, continuava ad essere affascinato dal sapere, dalla scienza, dall’approfondimento.

C’era tuttavia una differenza; adesso sorrideva, sorrideva molto più spesso.

– fine –

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